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ASSEGNO DIVORZILE E CONVIVENZA PREMATRIMONIALE

  • 02/01/2024

Rilevante, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, la convivenza prematrimoniale

 

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza del 18 dicembre 2023, n. 35385, intervengono sulla questione molto importante relativa al rilievo che la durata del rapporto di convivenza, anteriore al matrimonio, può avere ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.

La sentenza sopra citata trae origine dalla vicenda di cui si era occupata la Corte di Appello di Bologna.

La Corte territoriale riformava parzialmente la decisione di primo grado relativa al divorzio tra due ex coniugi, con cui era stata assegnata la casa coniugale alla ex moglie ed era stato posto a carico dell’ex marito un assegno divorzile di € 1.600,00 mensili e un contributo al mantenimento del figlio di € 700,00 mensili, oltre il 100% delle spese straordinarie. I giudici di appello, nel ridurre sia la misura dell’assegno divorzile (a euro 400,00) sia quella del contributo paterno al mantenimento del mantenimento del figlio (a euro 400,00) rilevavano che il reddito attuale dell’ex marito non poteva essere determinato in € 10.000,00 mensili (come ritenuto dal Tribunale) ma, anche se lo stesso era maggiore rispetto a quanto dichiarato al fisco, poteva essere stimato, tenuto conto delle spese dallo stesso sostenute, in “almeno 2.500,00 euro mensili”. La Corte territoriale rilevava che la ex moglie era invece priva di redditi da lavoro, non aveva lavorato, sia prima che dopo le nozze “per l’agiatezza che proveniva dalla sua famiglia d’origine, non per essersi dedicata interamente alla cura del marito e del figlio”. Secondo la Corte, infatti, “non risultava dagli atti che ella avesse sacrificato aspirazioni personali e si fosse dedicata soltanto alla famiglia, rinunciando ad affermarsi nel mondo del lavoro”.

Ciò, avuto solo riguardo al periodo di “durata legale del matrimonio”, dal novembre 2003 al 2010, e non anche al periodo anteriore, dal 1996 di convivenza prematrimoniale, “poiché gli obblighi nascono dal matrimonio e non dalla convivenza”. La donna, all’epoca delle nozze, nel 2003, aveva già lasciato il suo lavoro da tempo e il marito, a fine 2003, aveva cessato il suo lavoro che comportava diversi spostamenti, di conseguenza la necessità di seguire il marito nelle trasferte non poteva aver costituito la ragione o l’unica ragione dell’abbandono del lavoro da commessa.

Avverso la pronuncia in appello la ex moglie proponeva ricorso per cassazione.

Con ordinanza interlocutoria n. 30671/2022, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione riteneva la questione del rilievo della durata del rapporto di convivenza anteriore al matrimonio, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, una questione “di massima particolare importanza” rimettendo pertanto la questione alla valutazione delle Sezioni Unite ai fini della sua soluzione.

Con la sentenza n. 35385/2023 del 18.12.2023, le Sezioni Unite hanno dunque accolto il primo motivo di ricorso, con cui si prospettava che la Corte d’appello bolognese avesse trascurato di considerare, con una motivazione lacunosa e contra legem, per quanto riguardasse il contributo dato al nucleo familiare dalla ex moglie, la messa a disposizione di ricchezze provenienti dalla propria famiglia d’origine, oltre che attraverso il ruolo svolto di casalinga e madre, il periodo (nella specie settennale, dal 1996 al 2003) continuativo e stabile di convivenza prematrimoniale (nell’ambito del quale era nato il loro unico figlio, nel 1998).

La ex moglie lamentava, infatti, l’omessa considerazione da parte della Corte d’appello del periodo di sette anni (dal 1996 al 2003) di convivenza prematrimoniale, durante il quale era nato anche il figlio della coppia, poiché “non vi sarebbero differenze tra il comportamento dei coniugi nella fase prematrimoniale e in quella coniugale, soprattutto con riguardo alle scelte comuni di organizzazione della vita familiare e riparto dei rispettivi ruoli”.

Per le Sezioni Unite, infatti, “convivenza e matrimonio sono comunque modelli familiari dai quali scaturiscono obblighi di solidarietà morale e materiale, anche a seguito della cessazione dell’unione istituzionale e dell’unione di fatto”.

Ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, dunque, “l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente, prescritto ai fini della prima operazione, deve aver luogo mediante complessiva ponderazione dell’intera storia familiare, in relazione al contesto specifico, e una valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti, che tenga conto anche del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dello avente diritto, tutto ciò in conformità della funzione non solo assistenziale, ma anche compensativa e perequativa dell'assegno divorzile, discendente direttamente dal principio costituzionale di solidarietà”.

Per la Corte, infatti, “la convivenza prematrimoniale è ormai un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca «un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone – dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali” (così ord. interlocutoria n. 30671).

E costantemente si ripresenta, soprattutto nella materia del diritto di famiglia, l’esigenza che la giurisprudenza si faccia carico dell’evoluzione del costume sociale nella interpretazione della nozione di «famiglia», concetto caratterizzato da una commistione intrinseca di «fatto e diritto», e nell’interpretazione dei vari modelli familiari”.

In definitiva, “non si tratta, quindi, di introdurre una, non consentita, «anticipazione» dell’insorgenza dei fatti costitutivi dell’assegno divorzile, in quanto essi si collocano soltanto dopo il matrimonio, che rappresenta, per l’appunto, il fatto generatore dell’assegno divorzile, ma di consentire che il giudice, nella verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno al coniuge economicamente più debole, nell’ambito della solidarietà post coniugale, tenga conto anche delle scelte compiute dalla stessa coppia durante la convivenza prematrimoniale, quando emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione, nella quale proprio quelle scelte siano state fatte, e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale”.

In definitiva, la Corte di cassazione, nel solco di quella che è la strada segnata dalla giurisprudenza degli ultimi anni, ha pienamente valorizzato anche il legame di convivenza che ha unito gli ex coniugi prima del matrimonio, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.