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SEPARAZIONE ADDEBITABILE AL MARITO VIOLENTO

  • 04/01/2024

Dalle violenze fisiche e morali deriva l’addebitabilità della separazione al loro autore

Con l’ordinanza n. 35249 del 18 dicembre 2023, la Corte di Cassazione, confermava il proprio costante orientamento secondo cui la separazione è addebitabile al coniuge che abbia inflitto violenze fisiche o morali all’altro a prescindere dal comportamento del coniuge vittima delle violenze.

Il caso pratico affrontato dai giudici della Suprema Corte  traeava origine dal ricorso per Cassazione proposto dal marito il quale esponeva che il tribunale di primo grado 1) aveva dichiarato la sua separazione giudiziale dal coniuge, respingendo la domanda di addebito proposta dal ricorrente a carico della moglie, ma accogliendo la domanda di addebito proposta da quest’ultima; 2) aveva rigettato la richiesta di assegno di mantenimento da parte della moglie e le aveva assegnato la casa familiare; 3) aveva posto a carico del marito l’obbligo di corrispondere la somma di euro 400,00 mensili oltre Istat, e il 50% delle spese straordinarie quale contributo al mantenimento dei tre figli maggiorenni ma non economicamente autonomi; il ricorrente esponeva altresì di avere proposto appello, che la Corte d'appello aveva parzialmente accolto, compensando integralmente le spese di lite tra le parti, ma ritenendo corretta la statuizione del Tribunale sulla declaratoria di addebito della separazione a suo carico per condotta violenta ed aggressiva nei confronti del coniuge e rilevando che, di converso, non è emersa la prova di un comportamento contrario ai doveri coniugali posti in essere dalla moglie nei confronti del marito.

Il ricorrente lamentava che la Corte di appello avesse erroneamente confermato l’addebito della separazione senza valutare se le violazioni dei doveri coniugali (violenze fisiche e morali) risultanti dall’istruttoria avessero i requisiti di efficienza causale rispetto alla irreversibile crisi coniugale in quanto, alla luce della prova testimoniale, sarebbe emerso che le “insofferenze” della moglie si fossero instaurate in un rapporto già deteriorato e dunque prive di rilevanza causale rispetto al venir meno dell’affectio coniugalis.

Osservava la Suprema Corte (confermando la decisione della Corte di Appello la quale si era uniformata  alla costante giurisprudenza di legittimità) che le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse.

Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.