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Spese universitarie: sì al rimborso dell’ex coniuge collocatario

  • 30/01/2024

Cassazione civile, sez. I, con ordinanza 5 dicembre 2023, n. 33939 affermava che la mancanza di un previo accordo tra ex coniugi sulle spese universitarie del figlio, o il dissenso manifestato da un genitore sulla relativa effettuazione, non esclude il diritto al rimborso del collocatario.

Una donna convenne in giudizio l’ex marito per sentirlo condannare al rimborso delle spese straordinarie sostenute per il mantenimento della figlia maggiorenne ma non economicamente auto- sufficiente, includenti il canone di locazione dell’alloggio universitario, le spese per un soggiorno di studio all’estero, le spese mediche e la retta di un corso di equitazione.

Per l’uomo tali spese non erano state pattuite preventivamente e, in ogni caso, non comprese tra quelle straordinarie.

Il Tribunale accolse in modo parziale la domanda, condannando l’uomo al pagamento della somma di quasi dieci mila euro, oltre interessi, a titolo di rimborso delle spese sostenute per la locazione dell’alloggio universitario e la retta del corso di equitazione.

La Corte territoriale rigettava il gravame interposto dall’uomo: premesso che per spese straordinarie devono intendersi quelle che, per la loro rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, e precisato che l’effettuazione delle stesse non richiede la previa informazione o concertazione con l’altro genitore, che può rifiutarne il rimborso solo ove non rispondano all’interesse del figlio o risultino inconciliabili con le sue condizioni economiche, la Corte ha ritenuto accertati sia le disponibilità economiche dell’uomo, e quindi la sua capacità di farsi carico della spesa necessaria per l’alloggio universitario della figlia, sia l’interesse di quest’ultima, iscritta con profitto ad un corso universitario che prevedeva la frequenza obbligatoria per cinque giorni alla settimana e due sessioni di laboratorio.

Ha ritenuto irrilevanti le ragioni del dissenso mostrato dal padre, il quale si era limitato a contestare la necessità del trasferimento della figlia in altra città, ai fini della frequentazione dell’Università, in considerazione della breve distanza di quest’ultima dalla sua abitazione.

Non sussiste l’obbligo di concordare previamente le spese straordinarie

Per il riconoscimento del diritto al rimborso delle spese sostenute dalla donna, la sentenza territoriale, a dir dei giudici ermellini, si è attenuta all’orientamento della giurisprudenza in tema di spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli, secondo cui il genitore collocatario non è tenuto a concordare previamente e a informare l’altro di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, ove si tratti di spese certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, benché non predeterminabili nell’ammontare (scolastiche e mediche ordinarie), poiché il preventivo accordo è richiesto solo per le spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita della prole.

E’ stato ribadito in riferimento alle spese sostenute dal genitore per la locazione di un alloggio impiegato dal figlio che frequenti corsi universitari in un luogo diverso da quello di residenza, essendo state le stesse qualificate come spese straordinarie, in considerazione non solo della loro imprevedibilità, ma anche della loro rilevanza (Cass., Sez. I, 10/07/2023, n. 19532): anche per tali spese, quindi, la mancanza di un preventivo accordo con l’altro genitore o il dissenso da quest’ultimo manifestato sulla loro effettuazione non esclude il diritto al rimborso del genitore collocatario, per il quale viene tuttavia richiesta la valutazione della conformità dell’opzione prescelta all’interesse della prole e dell’adeguatezza della stessa allo standard socio-economico della vita familiare.

Nell’affermare la sussistenza di tali presupposti, la Corte territoriale ha evidenziato nel caso di specie l’utilità della locazione dell’alloggio ai fini della frequenza dei corsi universitari da parte dell’unica figlia nata dall’unione, la compatibilità dell’esborso con la situazione economica e patrimoniale dell’uomo e la carenza di valide motivazioni a sostegno del rifiuto opposto da questi: premesso infatti che la figlia, impegnata con profitto negli studi universitari, era iscritta a un corso che prevedeva la frequenza obbligatoria per cinque giorni alla settimana, oltre a due sessioni di laboratorio, ha ritenuto che la disponibilità di un alloggio nella città in cui aveva sede l’Università le avrebbe consentito di risparmiare il tempo per il trasferimento quotidiano dal luogo di residenza; ha aggiunto che il padre, ingegnere funzionario della Commissione Europea, era titolare di uno stipendio netto più che sufficiente a consentirgli di farsi carico della spesa necessaria per la locazione dell’alloggio, ritenendo non significative le ragioni da lui addotte in contrario, poiché consistenti solo nella mancanza di necessità del trasferimento della figlia e nella limitazione del proprio obbligo di contribuzione al solo pagamento delle tasse universitarie.